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AZIENDE VINICOLE

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LA SICILIA, UN CONTINENTE

La Sicilia è un vero e proprio continente vitivinicolo, composta com’è da aree con caratteristiche pedoclimatiche differenti e da un mosaico di vigneti variegati che incarnano la pluralità delle sue denominazioni – 24 in totale.

Con i suoi 26 mila kmq, la Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo e la regione più estesa d’Italia. La varietà dei suoi paesaggi non consente di attribuire una condizione climatica omogenea a tutto il territorio: gode di un mite clima mediterraneo lungo le sue coste, ma il clima cambia via via che si procede verso l’interno o si sale in alto sulle montagne, dove si può parlare di vero e proprio clima continentale (la montagna più alta è l’Etna, che sfiora i 3.400 mt). Alla varietà dei climi fa da specchio la ricchezza dei suoli: ci sono terreni lavici, calcarei, argillosi, tufacei… e su questi vengono coltivati vitigni autoctoni e internazionali, un patrimonio regionale di ineguagliabile ricchezza.

La combinazione di questi elementi rende i vini ricchi di un’ampia molteplicità di espressioni. La vendemmia va da fine luglio a novembre ed è in grado di offrire vini con caratteristiche completamente differenti, dai vini dell’isola di Pantelleria, più vicina all’Africa che alla Sicilia, a quelli della DOC Faro che si allungano ad est verso la Calabria.

Questa diversità è stata valorizzata grazie alla zonazione e alla selezione clonale voluti da Assovini Sicilia e gestiti a livello pubblico dalla Regione Sicilia: i lavori di ricerca sono finalizzati anche a individuare il miglior abbinamento tra vitigno e terroir e sono un patrimonio unico che costituisce la base della ricchezza inestimabile del vino siciliano.

900 ETICHETTE
95% DOC

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UN MOSAICO DI VIGNETI

La Sicilia rappresenta, con 98.992 ettari, la prima regione vitivinicola italiana per superficie vitata e la decima nel mondo, ma è al quarto posto in Italia per produzione complessiva con una resa per ettaro è inferiore rispetto a molte altre regioni.

Una posizione privilegiata – al centro del Mar Mediterraneo – e un clima ideale – sufficientemente variegato – fanno della Sicilia la regione perfetta dove coltivare uve dall’elevato potenziale qualitativo.

La Sicilia, chiamata “isola del sole” perché l’eliofania delle sue aree costiere è la più alta d’Europa, ha 2.500 ore di sole l’anno: contro le 2.000 dell’Italia peninsulare e le 1.800 della Francia meridionale. Grazie all’irraggiamento solare le piante si mantengono in salute e di conseguenza i produttori si tengono lontani dall’uso di farmaci e da interventi chimici sui vigneti.

Qui, un grande vino è innanzitutto un gran frutto, cioè l’espressione naturale di un grande territorio che è tradotto attraverso un processo di vinificazione semplice, senza artifici ed elaborazioni.

Un savoir faire ancestrale affinato di generazione in generazione che ha sviluppato sempre più, ai giorni nostri, la cultura dell’eccellenza anche attraverso la valorizzazione delle varietà autoctone tradizionali.

Ormai da quasi 20 anni, infatti, in Sicilia pubblico e privato concorrono a un ampio e complesso progetto di sperimentazione e di studio delle varietà autoctone. Il progetto, che sta portando a interessanti risultati, vede coinvolte anche alcune varietà cosiddette “reliquia” perchè in via di estinzione. Avviato nel 2003 e denominato “Valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani“, mira al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio ampelografico siciliano nella sua complessità.

Ad oggi, in Sicilia, si coltivano più di 60 varietà, di cui una ventina autoctone. Tra le principali autoctone a bacca rossa, nell’ordine: il Nero d’Avola, il Nerello Mascalese, il Frappato, il Nerello Cappuccio, il Perricone. Tra le principali autoctone a bacca bianca, nell’ordine: il Catarratto, il Grillo, l’Inzolia, il Grecanico, lo Zibibbo, il Moscato bianco, il Carricante, la Malvasia.

UNA STORIA LUNGA SECOLI

E’ una storia dalle radici profonde quella del vino siciliano di cui Assovini Sicilia si fa portavoce nel mondo. Alcuni vinaccioli fossili ritrovati alle falde dell’Etna e nelle Isole Eolie sembrano dimostrare che la vite crescesse spontaneamente in Sicilia prima ancora della comparsa dell’uomo sulla Terra. Tuttavia si deve ai Greci il merito di aver introdotto nuovi vitigni e migliorato le tecniche di coltivazione. Si attribuisce infatti ad Esiodo la prima specifica menzione della bontà dei vini prodotti in quest’isola: “Ebbene, a questo punto, possa io trovare l’ombra di una roccia e il vino Biblino”. Plinio il Vecchio, invece, citò in “Storia Naturale” i vini Mamertini prodotti attorno a Messina.
Nel periodo di dominazione araba la vite rischiò la scomparsa dal punto di vista produttivo ma il vino fu uno dei temi più cari anche per i poeti arabi in Sicilia.
Nel XVIII secolo un commerciante inglese, John Woodhouse, spedì dalla Sicilia a Liverpool alcuni fusti di vino Marsala a cui aveva aggiunto alcol per una migliore conservazione. Visto il successo che il vino liquoroso siciliano ebbe in Inghilterra, tali spedizioni continuarono per anni.

Nel 1870 quando la fillossera devastò i vigneti francesi, una parte della domanda di vino arrivò in territorio siciliano e in breve tempo la superficie vitata della Sicilia triplicò. Ma poi, appena 10 anni più tardi, la fillossera fece la sua comparsa anche in Sicilia e distrusse gran parte del suo patrimonio viticolo. Il reimpianto durò a lungo ma la Sicilia che riemerse dalle ceneri era tutta nuova e orientata alla produzione di qualità. Si data agli anni ’70 del secolo scorso la rinascita dell’enologia siciliana che dapprima è concentrata sulla sperimentazione di vitigni internazionali e successivamente sulla riscoperta della propria identità e la valorizzazione dei vitigni autoctoni più interessanti. Ora i riflettori sono accesi sui vitigni autoctoni e sulla loro valorizzazione, grazie alla consapevolezza che questo è un patrimonio unico che non si può imitare.

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